Siamo sicuramente in tantissime ad aver provato l’esperienza di vivere un ricovero in ospedale insieme al nostro bambino. Chi solo per un giorno, chi per settimane, chi per mesi, chi per un lungo periodo di vita. Non importa la durata e, FORSE, neppure la gravità della situazione, è sempre un’esperienza intensa e che ci mette a dura prova, mentalmente e fisicamente.
Il reparto pediatrico, per quanto colorato e pieno di disegni, porta tanta tristezza. Guardi fuori dalla finestra e vedi sempre lo stesso paesaggio, cambia il tempo, cambiano le persone che camminano per la strada, ma non cambia il tuo stato d’animo. Vorresti solo poter uscire con il tuo bambino.
Le giornate sembrano non finire mai, le ore si susseguono lentamente, e non puoi fare nulla, se non aspettare il naturale percorso di guarigione. Il papà viene a trovarti, così come i nonni e gli zii e gli amici. Sono tutti dispiaciuti e solidali, ma tu li guardi e pensi che non possono capire. Non possono nemmeno immaginare il tuo stato d’animo. E ti senti sola.
Alterni momenti di perfetta lucidità e forza a crolli di sconforto e pessimismo. Sei costantemente alla ricerca di un perfetto autocontrollo perché consapevole dell’importanza di essere forte per il tuo bambino, ma poi ti chiudi in bagno per piangere di nascosto. La notte ti svegli continuamente per controllare il suo respiro, il suo battito e l’angoscia prende il sopravvento.
Vorresti solo dormire, ma non puoi farlo mai. Ti guardi allo specchio e sei orrenda, il colore del tuo viso è spento e grigio, i capelli sono sporchi e tenuti sempre con la stessa coda. Provi a metterti un po’ di lucido colorato sulle labbra, ma ti senti ridicola e mentre lo levi con la manica della maglietta, realizzi che quella è l’ultima che avevi pulita e che ora dovrai aspettare almeno un giorno per avere un cambio.
Ci sono i dottori, gli infermieri, gli inservienti. Ti parlano e sei sconnessa. Ma capiscono e così ci scappa una carezza, una pacca sulla spalla, un abbraccio. Sono gentili, anche dopo averli chiamati per la centesima volta per un invisibile sussulto del tuo bambino o per uno strano suono al monitor, sempre lo stesso. Aspetti ogni mattina con agitazione la visita al tuo bambino e un aggiornamento sul suo stato di salute. Ma non si sbilanciano, non ti dicono quando potrete andare via.
E poi le altre mamme, perfette sconosciute che diventano il tuo punto di riferimento, il tuo conforto, il tuo sfogo. Le osservi, le conosci, ci parli e da ognuna di loro prendi un piccolo pezzo di forza e di speranza. Vi prestate il phone come fosse un tacito accordo di reciproco scambio: io ti presto lo shampoo, tu mi regali un sorrido e uno sguardo di solidale complicità. E le stimi, perché in ogni loro racconto ed esperienza si racchiude un mondo di combattenti.
Proprio come te.
Scrivi commento
Martina (domenica, 23 settembre 2018 04:25)
... quanto sono vere queste parole.
A me è capitato con tutti e due. Il grande aveva 7 mesi e la piccola solo 2 giorni.
Non volevo mai lasciare la stanza, nemmeno per un caffè al bar perché non volevo allontanarmi da loro ed anche perché vedere gli altri bambini ricoverati per cose ancora più gravi o che richiedono una degenza più lunga fa male
Tiziana (venerdì, 28 settembre 2018 23:07)
È proprio vero. Tutto. Ogni parola. ❤️